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FOTOGRAFIE
06 12 2009 > 31 01 2010
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Tutti i lavori in esposizione di Julikà Tavares trovano la loro origine nella fotografia, come puro frammento del ricordo, fragile unità minima di “ciò che é stato” (ça-a-été) di barthesiana memoria. Nella sua natura di puro silenzio, essa appare come antidoto all’oblio, alla mancanza di storia e biografia, illumina un qualcosa che potrebbe essere inghiottito dal buio e dimenticato.
Con il cinema, inoltre, la fotografia ha un rapporto diretto, susseguente, quasi parentale. Due immagini bastano per un abbozzo di racconto, forma sintetica di una storia – ed é stupefacente come esse risultino compatte in nuce già trama, pur pronte ad accogliere sviluppi, sequenze e scenari (Autour d’un film, 2005). Al vertice di una relazione tra ricordo e luogo, la fotografia costruisce teatri fittizi, modella nuove strade, accende il meccanismo narrativo.
Tuttavia é interessante come le immagini siano poste nell’involucro di scatole trasparenti che indicano una via di uscita nelle sale, portandoci di direzione opposta alla dimensione filmica, in pratica una strada che ci (ri)porta verso la realtà – dove l’incanto finisce.
Poco importa della apparente dicotomia tra reale e irreale: più urgente é il bisogno di spezzare l’oblio (é la pellicola interrotta, il buio, la mancanza di un esito ad essere insostenibile). Così é pure per Réelirréel (2007), giocate simbolicamente nello spazio tra finzione e osservatore, davanti ad una pellicola noir, il massimo grado di inganno, seducente ed illusorio, ma al tempo stesso nutrita dal lato oscuro del cronaca.
Grande peso in Play With Me (2009), come nel già citato Autour d’un film, ha anche il ricordo: non a caso il ripercorrere in luoghi densi di significato esistenziale testimonia che il passato é materia malleabile tra verità e inganno, tra il ricordo e le sua sceneggiatura privata, ma é soprattutto un tessuto vitale e sensibile. E’ quindi indicativo che in entrambi i progetti si distingua l’universo protetto della casa, tema fedele alla poetica dell’autrice.
Con modalità diverse ma con una tensione comune a tutti i progetti, Andrée Julikà Tavares si muove su un territorio non semplice, a tratti oscuro, tra il ricordo e l’immaginario, tra il quotidiano e la finzione. I lavori dell’artista parlano sommessamente di un crollo di certezze, dove ciò che rimane é sostenuto dall’apparenza più che dalla volontà, dall’artificio e dall’evocazione dei mezzi di comunicazione di massa (cinema, televisione) più che dal lento oscillare tra azione e ragione.
Oggetto della sua arte non é la fotografia in senso stretto bensì la natura della fotografia nel suo rapporto con la memoria, e quindi dell’uomo con sé stesso e l’accettazione, o la costruzione, laddove potrà ritenerlo possibile, del proprio destino.
Gianfanco Ragno (nov. 2009)
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